• I Megatrend e le armi spuntate delle banche centrali

da | Dic 11, 2017 | 0 commenti

Cosa possono e cosa non possono fare le banche centrali oggi? E’ sul ruolo della BCE nella gestione della crisi economica del 2008 e degli anni successivi – troppo incisivo o troppo poco incisivo? – che si è incentrata la lectio magistralis di Patrick Honohan, già governatore della Banca Centrale d’Irlanda, all’Istituto Universitario Europeo di Fiesole lo scorso 27 novembre. Honohan si è soffermato in particolare sulle differenze (anche nella tempistica) che hanno caratterizzato l’intervento della BCE rispetto a quello della FED o di altre banche centrali, ad esempio nel 2008 o nel 2011, quando in Europa, per effetto della politica monetaria condotta dalla BCE, i tassi di interesse si sono mossi in controtendenza oppure con ritardo rispetto a quanto succedeva in America.

La BCE, per ragioni storiche e costitutive, si è dimostrata molto attenta al controllo del tasso di inflazione. Per contrastare la crisi economica ha tentato di agire sulla leva dei prezzi, mostrandosi convinta che un loro rialzo potesse portare a una riduzione della disoccupazione, secondo quanto indicato dalla curva di Phillips. Ma la curva di Phillips oggi è praticamente piatta e quindi l’occupazione non ha reagito neppure a un intervento monetario della portata complessiva di 2 ¼ trilioni di euro (realizzato anche tramite acquisti di  titoli pubblici e obbligazioni private). Honohan nella sua prolusione ha riconosciuto che la curva di Phillips è piatta per effetto della globalizzazione, senza entrare nel dettaglio dei motivi.

La questione però è decisamente interessante. Non solo per dare una risposta al quesito se la BCE sia un nano o un gigante. Quanto piuttosto per capire se gli stimoli monetari finiranno per trasmettersi all’economia reale anche in Italia e se ciò non avviene perché. L’aumento dell’occupazione e la crescita dei salari sono stati rallentati dalla globalizzazione in almeno due modi: per effetto di una forza lavoro disponibile a livello mondiale raddoppiata nel volgere di pochi anni e a seguito della concorrenza tra lavoratori di diversi paesi. Inoltre, il diffondersi delle nuove tecnologie informatiche e gli investimenti in software ha reso ridondanti anche i colletti bianchi precedentemente occupati nel settore dei servizi. Questo è quanto sostiene anche la BRI nella sua 87° Relazione Annuale (25 giugno 2017, pag. 78).

Possiamo concludere quindi che da un lato, la BCE è stata in grado di evitare una crisi di fiducia dei mercati e di mantenere funzionante e liquido il sistema dei pagamenti nei frangenti perigliosi del 2008 e dintorni ma non ha potuto contrastare l’azione dei due principali driver di cambiamento: globalizzazione e rivoluzione digitale. Che potrebbero anche essere due facce della stessa medaglia.

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