• Altri mondi nel giardino di casa

da | Lug 25, 2021 | 0 commenti

Erik Asphaug
Quando la Terra aveva due lune. La storia dimenticata del cielo notturno
Milano, 2021

Come al solito sono arrivato tiratissimo alla partenza per le vacanze. E avrei anche saltato i consigli per la lettura (letture di tipo strategico, come prassi in questo blog), se non fosse che poi non mi sarei perdonato la mancata citazione del libro di Erik Asphaug: uno dei saggi di divulgazione scientifica più belli dai tempi di L’invenzione della natura di Andrea Wulf (Roma, 2017).

È bene dire subito che Asphaug è un astronomo, che si è trovato ad insegnare geologia, appassionatosi alla planetologia e che è divenuto consulente della NASA per tante missioni spaziali. Personalmente in quest’ultimo anno ho seguito diversi webinar dedicati ai progressi tecnologici e scientifici che caratterizzano la fase più recente della conquista dello spazio. Forse anche per effetto dei primi voli turistici sub-orbitali della Blue Origin e di Virgin Galactic, nel 2021 tutta l’attenzione è per la Space Economy. Tuttavia sino alla lettura di Quando la Terra aveva due lune del Sistema Solare e del significato per il nostro pianeta di trovarsi dentro di esso avevo capito ben poco.

Adesso ho finalmente un quadro d’insieme: innanzitutto mi sono reso conto che la Terra è come una paperella nelle acque agitate di una vasca da bagno. Considerando anche soltanto la fisica newtoniana, sole, pianeti giganti e pianeti terrestri, pur separati tra di loro da enormi distanze, sono tutti legati tra di loro (dalla forza di gravità) secondo un gioco diabolico di pesi e di contrappesi.  Cicli orbitali un tempo sconosciuti ma oggi noti influiscono sulle maree e sul clima qui nella nostra terra (ma anche su Marte, Venere ecc.), la distanza dal sole insieme alla massa del pianeta influisce sul numero dei satelliti, il formarsi di pianeti dall’anello di accrescimento di giovani stelle nasconde il segreto del successo della Terra e delle sue condizioni favorevoli alla vita.

Ma, c’è un ma. Un sistema come questo è fragile ed esposto a rischi. Basta spostare un peso per avere un effetto su tutti gli altri: collisioni con meteoriti o planetoidi di grandi dimensioni, magari provenienti dallo spazio esterno al Sistema solare; variazioni orbitali; dinamiche terra-luna improntante a valzer e distanziamenti progressivi; pianeti e lune che pulsano o sbuffano vapor acqueo o metano nello spazio circostante. Tutto questo intorno a noi, che supponevamo regno dell’immutabile. E leggendo Quando la Terra aveva due lune pare proprio di esserci, a bordo di queste sonde che molto più numerose di quanto immaginavamo (decine e decine, ho persino perso il conto) dagli anni 60 dello secolo scorso hanno percorso questo sistema solare palmo a palmo, incrementando le nostre conoscenze in modo esponenziale. Si capisce anche che se il futuro dell’esplorazione spaziale da parte dell’essere umano è ancora remoto, i nostri robot sono già e saranno sempre più in azione per nostro conto a bordo di navicelle spaziali interplanetarie. Concludo ricordando le parole di Jeff Bezos al rientro dal primo viaggio turistico oltre la linea di Kármán : <<Quello che vedi da li su è incredibile. La Terra è immensa ma poi dall’alto ti accorgi di questa cosa piccola e fragile e – mentre ci muoviamo sul pianeta – lo stiamo danneggiando>>. Questo smarrimento di fronte al quadro d’insieme – che suscita anche la lettura del libro di Asphaug – si chiama “Overview Effect” (effetto della veduta d’insieme).

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