• Essere turisti, essere umani

da | Mar 19, 2018 | 0 commenti

Marco D’Eramo
Il selfie del mondo
Milano, 2017

E’ stato un caso che io abbia iniziato a leggere il libro di Marco D’Eramo dedicato all’“età del turismo” in occasione di una mia recente visita a Neuschwanstein, in Baviera. Lungo il sentiero che conduce all’ingresso del castello migliaia di turisti di tutto il mondo sciamavano eccitati.  Sono entrato con il tour n. 500 (circa 50 persone alla volta) e guidato da una voce registrata ho seguito il percorso obbligato tra gli ambienti fatti decorare “estrosamente” dal re di Baviera Ludwig II.

Il castello di Neuschwanstein naturalmente non è medioevale e ha poco di originale dei tempi che hanno preceduto la sua costruzione (terminata nel 1886). Eppure è assurto a mito turistico di prima grandezza. Autentico al 100%. Marco D’Eramo sintetizza quella che è stata anche la mia esperienza con queste parole: “proprio come avviene per Disneyland, dove tutto è più vero del vero, il castello è più medievale del Medioevo, l’accampamento indiano è più apache degli Apaches”.

D’Eramo osserva il fenomeno del turismo contemporaneo da tutte le angolazioni. Soprattutto ci prende per mano in un’indagine sociologica, fitta di “montagne russe di registro stilistico” ma in grado di dotarci di lenti di osservazione eccezionali, capaci di una lettura profonda dell’essere turista (o meglio “turisti” al plurale). Il giornalista, allievo di Pierre Bourdieu, ci mostra con maestria come opera il principio della “distinzione”: tutti noi vogliamo essere “viaggiatori”, nessuno di noi vuole essere “turista”. E questa illusione, che l’industria dei viaggi alimenta, impronta il nostro intero essere sociale. Tutte le esperienze che ci vengono proposte sono uniche e perciò “autentiche”. Peccato che non si tratti di esperienze “reali” e neppure di aspettative “realistiche”. Entriamo così nel mondo di Erving Goffman, il sociologo che ha spiegato la dimensione teatrale del rapporto tra noi (il sé) e gli altri. “Tutti recitiamo un teatro” diviene chiave di lettura imprescindibile anche del miracolo di Neuschwanstein: il castello di Ludwig II è un potente apparato scenico nel quale la nostra naturale propensione a essere attori trova un’ambientazione ideale. Ecco allora che dobbiamo esserci, informare i nostri amici che siamo proprio lì, nel luogo da tutti desiderato  (per questo l’esperienza è esclusiva – “distintiva”), ed esprimiamo il nostro romanticismo da consumati attori abituati a recitare nel Lohengrin di Richard Wagner.

D’Eramo passa in rassegna tanti luoghi mentali (la città turistica, i siti UNESCO, il turismo gastronomico), mostrandoceli con gli occhi di Horkheimer e Adorno, di Marx e Hegel, di Aristotele e Zenone (con il paradosso di Achille che corre sempre ma non riesce a raggiungere l’assai più lenta tartaruga). Alla fine il turismo si rivela non più e soltanto come fenomeno consumistico di massa, ma dimensione umana, capace di “auto-riscattarsi” sino al punto da spingere l’autore a definire in conclusione questa nostra età di viaggi “il selfie del mondo”.

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