• Rinunciare ai viaggi (o rinunciare al turismo?)
Juliette Morice
Renoncer aux voyages. Une
Paris, 2024
Il titolo al libro – “Renoncer aux voyages” – lo ha sicuramente dato l’editore. Perché l’autrice, la filosofa e ricercatrice Juliette Morice, non prende parte e si astiene dal dare una valutazione personale sul tema oggi caldissimo dell’opportunità (per taluni la “vergogna”) di viaggiare. Morice ripercorre invece i secoli in cerca di lumi di filosofi, da Socrate a Marc Augé, e di grandi intellettuali/viaggiatori, da R. Waldo Emerson a Victor Segalen. E il risultato per il lettore è assolutamente sconvolgente: difficile guardare ai viaggi come prima.
Quelli che Morice disvela sono tanti piccoli e grandi paradossi, illusioni e menzogne, fughe e ritrovamenti: lo choc cognitivo è assicurato (anche perché quelle che la filosofia solleva sono spesso solo domande). Si può viaggiare restando immobili? Per Kant, che è rimasto sempre nella sua città natale pur credendo nel cosmopolitismo, è stato possibile: e per noi lo è? Che necessità c’è di andare in un luogo preciso se già lo conosciamo (per esempio avendo letto tutto su di esso in una guida turistica)? E se non lo conosciamo perché andare proprio lì e non altrove? Quanto dura un viaggio? Cioè uno spostamento in treno con rientro in giornata magari per motivi di lavoro è un viaggio? Oppure per qualificarci viaggiatori dobbiamo avere soltanto un biglietto di sola andata? E, poi, perché viaggiare: Per distrarci? Per fuggire da noi stessi? Per trovare nuove idee? Per tornare a casa convinti di vivere nel miglior luogo possibile?
Delicatamente e pizzicando il nostro intelletto, il libro suscita dubbi: sulla effettiva necessità di viaggi senza scopo, sul senso scarno dei viaggi organizzati (l’avventura senza rischio, un vero e proprio “nonsense”), sul turismo mordi e fuggi con al centro il viaggiatore egotico: chiuso agli altri umani e tutto proteso alla conquista del luogo tramite inutili foto di monumenti e di musei se non addirittura tramite l’asportazione illegale di una pietra o l’apposizione vandalica di una firma. Sino al paradosso finale: il turista che consuma il luogo visitato condannandolo alla scomparsa (l’overtourism a Venezia o alle Maldive). Insomma, turisti saranno pure gli altri, ma a noi l’asserzione “viaggiare pur di viaggiare” va ancora bene?
Non è un libro su un trend emergente, dunque, ma per chi lo vorrà leggere è sicuramente un libro in grado di creare un piccolo trend (favorevole alla mitigazione dei cambiamenti climatici e alla conservazione dell’ambiente).