• Il futuro del cibo, l’arte della previsione e la struttura del tempo
Come è nato l’esperimento fiorentino di futuro nel 2018-2019? E il metodo Themis? In occasione dell’uscita del mio articolo sulla prestigiosa rivista Technological Forecasting and Social Change[1], mi fa piacere condividere sul mio blog e su Linkedin il dietro le quinte della ricerca.
Alcuni anni fa, occupandomi di strategie di business mi ero reso conto che gli strumenti messi a disposizione dalla teoria, dall’analisi dei punti di forza e di debolezza (es. SWOT) a quella dell’ambiente in cui opera l’impresa (es. PESTLE), hanno tutti un’azione a corto raggio: sono cioè radicati nel presente e nel prossimo domani. Per sviluppare nuovi prodotti in grado di anticipare tendenze che si presenteranno tra 10 anni, e quindi pianificare i necessari investimenti, agli imprenditori e ai manager non restava che la lungimiranza. Guardando agli studi sul futuro ho cercato di sviluppare una metodologia che consentisse di organizzare il pensiero strategico di lungo periodo. E’ nato così il metodo Themis, che prende il nome da una delle sei Titanidi, figlia di Gaia e Urano, considerata un oracolo.
La parola oracolo fa pensare alla preveggenza, un dono divino piuttosto che una scienza. E’ vero d’altra parte che la previsione si colloca a metà tra arte e scienza. Provo a spiegarmi. Nessun modello matematico è ancora in grado di prevedere il risultato futuro dell’azione concomitante di tanti fattori socio-economici, ambientali e politici. Soprattutto non esiste calcolatore che possa fornire indicazioni pratiche sui prodotti che saranno richiesti dal mercato in una data remota come potrebbe essere il 2030. I prodotti in questione possono essere culturalmente complessi, come appunto nel caso del cibo: sostanza, pensiero e atto sociale allo stesso tempo. Nelle scienze sociali e negli studi sul futuro, ad ogni modo, si sono affermati recentemente alcuni strumenti interpretativi, rimasti sino a ieri poco strutturari: i megatrend, le analisi dei trend di settore (environmental scanning), i panel di esperti. Il metodo Themis si basa su una procedura replicabile e combina queste tre tecniche per <illuminare> il futuro di un settore da un certo punto di vista, per esempio quello di un gruppo di manager e imprenditori della stessa industria di riferimento.
A Firenze è successo che 20 impreditori e manager di altrettante aziende di trasformazione agroalimentare di Confindustria Firenze, riuniti in tre gruppi di lavoro, hanno generato una serie di scenari per il futuro del cibo nel 2030. A differenza di altri metodi utilizzati nelle scienze sociali, come il Delphi, il metodo Themis non si conclude con un risultato secco, consensuale e con una presunzione di validità generale, quanto piuttosto con un certo numero di ipotesi cui è associata una determinata distribuzione di probabilità. L’importanza del metodo risiede nell’allenare la mente di un esperto di settore a pensare al futuro, a tener conto dei fattori (o driver) che lo influenzano e a confrontarsi con i propri pari.
Gli esperti dell’industria hanno immaginato che i consumatori del 2030 ricercheranno nel cibo prioritariamente alcune caratteristiche: per esempio che i cibi siano “light” (a ridotto tenore calorico), prodotti in modo sostenibile e senza microplastiche. La ricerca fornisce poi tutta una serie di ulteriori indicazioni abbastanza puntuali. Ma ciò che conta è il modo a cui gli esperti sono arrivati a queste conclusioni. Infatti, la riflessione di gruppo ha tenuto conto di fenomeni macroscopici come il degrado ambientale, l’aumento della popolazione a livello mondiale, la rivoluzione digitale e gli effetti della globalizzazione. Poi il gruppo si è allenato nel prevedere le conseguenze dei megatrend sulle tendenze di settore, spesso antinomiche. Ad esempio, in merito all’ipotesi “se mangeremo più o meno carne nel 2030”, gli esperti hanno ritenuto che in Europa ne consumeremo di meno. Ma si intuisce parallelamente che in altri parti del mondo i consumi di carne e derivati aumenteranno.
L’esperimento fiorentino ha evidenziato che in futuro potrebbe emergere una questione di <fiducia nel cibo>. L’insorgenza di paure relative alla salubrità degli alimenti tra i consumatori è in rapporto con la probabile diffusione di malattie connesse con un’alimentazione errata ma anche alla presenza nel cibo di sostanze estranee e nocive per l’organismo: dai pesticidi nella frutta e nella verdura, agli antibiotici nella carne e nelle uova, alle microplastiche diffuse ovunque. Per rispondere a questo bisogno di sicurezza, nasceranno nuovi prodotti. Già oggi si stanno diffondendo claim del tipo <senza tale o senza tal’altro composto chimico>: è una tendenza destinata a rafforzarsi notevolmente. La garanzia di salubrità di un alimento potrebbe persino prevalere sull’importanza dell’origine geografica e della tradizione produttiva.
Se vi state chiedendo quale sarà l’impatto della pandemia su questi trend di lungo periodo è bene tenere in considerazione la struttura del tempo. Il futuro come il passato è costituito da un continuum: fads di breve periodo (i più evanescenti) si affermano come mode (fashion), mode divengono trend di medio termine mentre i megatrend condizionano tutto e tutti per periodi 10-20 anni o più e sono inarrestabili. A scombinare l’ordine delle forze in campo intervengono poi i “cigni neri”, gli eventi condizionanti che nessuno (o quasi) aveva previsto. Covid-19 potrebbe essere uno di questi eventi, una sorta di vortice improvviso che rimescola le carte. Alcuni fads sono nati a seguito della pandemia e potrebbero restare mentre altri stanno già scomparendo, sostituiti da nuovi. Qualche esempio? Gli aperitivi online, che pure hanno generato prodotti ad hoc distribuiti anche nella GDO, si sono diffusi in modo virale ma sono già superati; le confezioni mono-porzione si sono imposte e resteranno sino a quando la coscienza ambientale non prevarrà sul bisogno di sicurezza; le vendite di food online, invece, quasi certamente resteranno per sempre dimostrando di essere una tendenza sostenuta dai megatrend.
Fare previsioni sul futuro prossimo è comunque materia molto più complessa che prevedere il futuro lontano. Per chi osserva è come soffrire di presbiopia: la messa a fuoco richiede che si frapponga una certa distanza tra noi e gli oggetti osservati. La lettura dei fads e l’anticipazione delle mode d’altra parte è stata sino a ieri materia per coolhunter mentre tendenze e megatrend erano oggetto di studio da parte dei futuristi. Personalmente credo i due campi possano essere unificati e che la questione dell’ambito di previsione possa essere risolta utilizzando lo strumento o le lenti di osservazione più adatti. Per un settore come quello agroalimentare che sta riacquistando centralità per l’essere umano ed è come mai prima di adesso pervaso da cambiamenti sarà un vantaggio considerevole.
[1] Ginanneschi, M. (2021). Long-term strategic thinking, the Themis method and the future of food. Technological Forecasting and Social Change, 165. https://doi.org/10.1016/j.techfore.2020.120468