• Riflessioni sulla natura che si ribella all’uomo

da | Dic 12, 2021 | 0 commenti

Marco Malvestio
Raccontare la fine del mondo. Fantascienza e Antropocene
Milano, 2021

Questo libro dall’impostazione inusuale – e per questo ancora più stimolante – tratta di apocalissi. Il significato originario di “apocalisse” è legato all’uso religioso della parola: rivelazione di misteri.  Si è esteso sino a ricomprendere le predizioni escatologiche, riguardanti cioè eventi che si produrranno al termine dell’epoca attuale. È infine passato a indicare “terribili calamità o serie di eventi disastrosi”. La particolarità del saggio di Marco Malvestio è data dal tentativo di passare in rassegna le possibili apocalissi causate dall’abuso di potere  dell’uomo sulla natura, così come se le sono immaginate scrittori e registi di fantascienza. L’autore richiama alla nostra memoria le pandemie, gli effetti di guerre atomiche, le inondazioni, le estinzioni di massa, le ribellioni (all’uomo) di animali e piante, scaturite dalla fantasia di Ballard, Bradbury, Dick, Miller, Soderbergh, Romero, Matheson, e tanti altri.

I cavalieri dell’Apocalisse procedono al galoppo ma, purtroppo, ci sembra di udire lo scalpito dei loro cavalli: Covid-19 imperversa nella nostra realtà con sempre nuove varianti, eventi climatici estremi si moltiplicano in America e altrove, drammatici conflitti si profilano ai confini dell’Ucraina, al largo di Taiwan. Malvestio porta immaginazione e realtà al confronto con garbo, citando studiosi e pensatori di spessore, da Mark Fischer a Bruno Latour, da Slavoj Žižek a Stefano Mancuso. E riesce a suscitare inquietudine. Forse questo è il suo scopo. Forse intende risvegliare le nostre coscienze.

Accertato che il libro è tempestivo, resta da chiedersi se è utile ai fini di un ragionamento strutturato sul futuro, come quello che interessa a pianificatori pubblici e privati (e ai futurologi). La risposta è sì, decisamente. E la spiegazione sta tutta in una parola, citata innumerevoli volte lungo tutto il saggio: “agentività”.  Il termine – traduzione dell’inglese agency, coniato negli anni ‘70 – significa facoltà di far accadere le cose, di intervenire sulla realtà, di esercitare un potere causale. L’agente è qualcuno o qualcosa in grado di produrre un effetto. Ecco dunque il messaggio che dobbiamo far nostro dalla lettura del testo di Malvestio: l’agentività, concetto eminentemente antropologico e presupposto logico dell’Antropocene, può rendere animata l’azione di virus, animali, piante e persino del clima, che divengono cause autonome di disastri, nuovi fattori di rischio, minacce alla sopravvivenza della specie umana. È la storia di Prometeo  e del fuoco che si ripete sotto altre forme, con il finale che resta lo stesso: il responsabile che sprofonda nel Tartaro. A meno di non riprendere in mano il nostro destino, con un atto senza precedenti di responsabilità per la conservazione della natura di cui siamo parte.

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