• Come sarà il turismo nel 2021? Leggiamo i segnali deboli

da | Dic 20, 2020 | 0 commenti

Ci risiamo. Questa volta per contrastare l’insorgere di una terza ondata, il mondo è piombato in un nuovo in lockdown, o più precisamente si sta fermando la parte più ricca del mondo, quella che si può permettere di congelare una quota consistente delle attività produttive e dei servizi a livello nazionale. Lo avevo previsto – si vedano i post in questo blog che delineano i possibili scenari di medio – lungo termine – e mi sono preso l’epiteto di novella Cassandra. Pur essendo specializzato nella previsione di futuri più distanti, per i quali è possibile utilizzare l’analisi dei megatrend e l’environmental scanning (l’analisi delle tendenze settoriali), ricevo richieste sempre più numerose di pronunciarmi anche su quello che sarà il 2021. D’altra parte la nebbia che avvolge il futuro prossimo è fitta come non mai e la ripresa, che tanti vorrebbero nel solco dei trend antecedenti al 2020, pare allontanarsi, sfumare e cangiare di colore.

Privi come siamo di una sfera di cristallo, come orientarci dunque? Se per esempio si è proprietari di un albergo o se eravamo viaggiatori consumati o se la nostra famiglia si trova all’estero, vorremmo qualche certezza in più o almeno una serie degli scenari più probabili, per organizzarci di conseguenza o addirittura per anticipare il cambiamento. Tutti noi abbiamo a disposizione uno strumento previsivo abbastanza semplice: l’analisi dei segnali deboli. E’ utile ai politici che governano le nazioni così come ai dirigenti di azienda e potrebbe essere un metodo valido per chiunque. Il problema è l’individuazione di questi segnali. Intanto richiedono ascolto. E poiché siamo sommersi dal rumore di fondo, bombardati dalle notizie che rimbalzano sui vari media, decidere che un fatto piuttosto che un altro possa indicare una tendenza o un cambiamento in corso può apparire pretenzioso se non addirittura illusorio e fuorviante. Essendo la scelta affidata alla soggettività umana non si può parlare di scienza. Si dovrebbe più correttamente parlare di arte[1]. Così cade la premessa di universalità e torna alla ribalta il ruolo dell’osservatore: il fatto che coltivi la sua arte e abbia occhi e orecchie allenate influisce sulla sensibilità e quindi sulla plausibilità del risultato. Prime regole dunque per tutti gli aspiranti investigatori del futuro: distaccarsi dalla nuvola di informazioni, praticare il silenzio, coltivare una visione olistica dei problemi[2].

In questa dimensione soggettiva della previsione, aperta all’esperienza individuale, per immaginare il 2021 del turismo personalmente ho scelto di accennare qui a due fatti che considero spie di tendenze che potrebbero governare i viaggi nel prossimo futuro. Il primo: la quotazione in borsa di Airbnb, la più importante piattaforma di affitti di breve termine di stanze e appartamenti privati, lo scorso 10 dicembre. Si è trattato di un successo oltre le attese: il prezzo è salito del 120%, passando dal valore di partenza stabilito dall’azienda di 68 dollari per azione a 146 dollari per un valore societario di oltre 100 miliardi di dollari (tanto quanto le prime tre società alberghiere americane). Gli investitori – e gli analisti che ne orientano le scelte – hanno stimato evidentemente che la crisi provocata da Covid-19, e che ha affossato il bilancio 2020, sarà recuperata da Airbnb in un paio di anni: il segnale sottostante a questa IPO è quindi che la finanza crede in un sostanziale recupero dei flussi turistici a breve termine, anche grazie alla sicurezza trasmessa dalla diffusione dei vaccini.

Il secondo fatto che ha attirato la mia attenzione è una recente dichiarazione[3] di uno dei dirigenti apicali della gruppo Accor in merito al concetto di fondo che governerà il nuovo design della catena Novotel: “immobilità”, la rivoluzione sociale che porterà a una riduzione dei viaggi di affari ma al tempo stesso alla nascita dell’albergo come luogo di vita e di lavoro “sicuri”, anche per la popolazione e il business locali che preferiranno concentrare le proprie attività entro un perimetro di 40 minuti a piedi da casa. E queste isole di accoglienza sorgeranno nelle grandi città, più popolose di oggi perché la tendenza alla concentrazione della popolazione nelle metropoli non si arresterà.

Due visioni apparentemente antitetiche. Ad un esame più attento però un sottile filo rosso le tiene insieme: si tratta di uno scenario nel quale si viaggerà di meno per affari ma i viaggi turistici riprenderanno comunque e la sicurezza resterà una preoccupazione costante, durante la lenta operazione di immunizzazione al virus e anche oltre. Mentre nel mondo la crescita della popolazione mondiale continuerà inarrestabile, i bisogni di miliardi di consumatori (attuali e futuri) traineranno l’andamento del turismo negli anni a venire. Il recupero completo dei fatturati dell’industria turistica ci sarà. Se avverrà nel 2022 o nel 2023 forse dipenderà da un’altra variabile, di tipo tecnologico: ad esempio, dalla diffusione di filtri che rendano l’aria salubre e sicura tanto nei mezzi di trasporto che nei luoghi di accoglienza[4]. Nel 2021 c’è da attendersi quindi una ripresa del turismo, energica soprattutto nella seconda parte dell’anno ma sempre sotto il valore potenziale, con una offerta di servizi tutta protesa alla riconquista della fiducia del viaggiatore, e quindi in profondo cambiamento.

[1] Godet, M., 2000. The art of scenarios and strategic planning. Technol. Forecast. Soc. Change, 65 (1), 3–22.

[2] Saul P. (2006), Seeing the future in weak signals, Journal of Futures Studies, vol. 10 (3), pp. 93–102.

[3] Dalla relazione di Damien Perrot, Global SVP Design Accor,  How Diversity Fuels Creativity, al convegno  del 12 novembre 2020, “Design the Future”, organizzato da Skift.

[4] Cfr. Scalise I.M., L’aria a prova di virus vale 1,8 miliardi di dollari, La Repubblica A&F, 14 dicembre 2020, p. 35.

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