• Il mondo dopo Covid-19 (Parte 3)

da | Apr 10, 2020 | 0 commenti

Il futuro del cibo: Megatrend versus Covid-19

Dopo qualche riflessione su “il mondo dopo Covid-19” secondo alcuni influenti pensatori (un futurologo e uno storico), dopo aver utilizzato una mappa mentale per tratteggiare uno scenario futuro organizzando conoscenze di cui già disponiamo, presenterò adesso un nuovo strumento di analisi per valutare l’impatto di Covid-19 su un settore in particolare, quello dell’agroalimentare, inteso in senso lato e da una prospettiva globale (produzione, trasformazione, distribuzione e consumo).

Occorre premettere che è un terreno a me familiare. Nel 2018-2019 ho seguito un progetto sul futuro del cibo i cui risultati sono in corso di pubblicazione.

Partiamo dall’oggi. La situazione è nota: essendo gli approvvigionamenti alimentari fondamentali per il sostentamento della popolazione, anche in regime di lockdown il settore è rimasto in attività. Si vendono più pane e farina, meno uova di Pasqua. Sono in crisi le grandi superfici mentre vanno meglio i supermercati di vicinato e i negozi di alimentari che effettuano consegne a domicilio.

Sì, ma come sarà il settore tra 5 o 10 anni? Il lungo-periodo interessa naturalmente di più le imprese di produzione e di trasformazione e gli investitori, ma la domanda non lascia nessuno indifferente: dopotutto stiamo parlando di uno dei bisogni fondamentali dell’essere umano, alla base della famosa piramide di Maslow.

Per penetrare il velo di Maya che avvolge il futuro, è possibile ricorrere a una tecnica mutuata dal campo della previsione sociale e che inizia timidamente a essere applicata anche in economia, nella gestione strategica e nella pianificazione di lungo termine: i megatrend. Sono quei driver di cambiamento (“a general shift in thinking or approach”, nelle parole di John Naisbitt che coniò il termine nel 1982[1]) che per definizione non possono essere arrestati dall’azione di singoli gruppi umani e che influenzano società ed economia. Quali sono? Gli esperti non sono del tutto unanimi sui nomi, ma andando alla sostanza il sottoscritto ne considera 4: a) aumento della popolazione mondiale; b) globalizzazione; c) rivoluzione digitale e d) degrado ambientale (che include il cambiamento climatico). L’esercizio che vi propongo è quello di guardare al futuro del cibo attraverso queste “lenti”, cercando di immaginare che tipo di interferenza possa esercitare Covid-19.

Iniziamo con l’azione del megatrend “aumento della popolazione”.  Questo driver spinge per un incremento della domanda di cibo e anche di fabbisogno calorico (per effetto della legge di Engel e della legge sulle sostituzioni), che l’offerta cercherà di assecondare intensificando la produzione, ricorrendo a fertilizzanti e  industrializzando la trasformazione. Covid-19 – ripetiamolo: inteso non come evento a sé stante ma in quanto minaccia perdurante di rischio pandemico alla quale dovremo adattarci – non ridurrà significativamente il tasso di crescita della popolazione mondiale. L’influenza di Covid-19 su questo trend sarà minima.

Passiamo adesso alla globalizzazione. Quest’ultima è in parte responsabile della mercificazione delle materie prime alimentari, della formazione di mercati globali, dell’espansione delle società multinazionali a monte (produzione agricola) e a valle della filiera (trasformazione e distribuzione), del formarsi di catene di produzione lunghe, in grado di integrare ingredienti e semi-lavorati da tutto il mondo per offrire al consumatore un prodotto di largo consumo (“convenience food”). Cambierà qualcosa dopo Covid-19? Tantissimo. La globalizzazione si fonda sulla libertà degli scambi e sulla deregolamentazione. Il commercio internazionale nel 2020 avrà una crescita negativa. Seguirà probabilmente un rimbalzo nel 2021 ma il mondo impiegherà forse più di un anno a tornare al livello pre-crisi. Quindi il commercio riprenderà a crescere ma forse a un ritmo inferiore rispetto al recente passato. Covid-19, infatti, è in grado di gettare sabbia negli ingranaggi della globalizzazione. La deregolamentazione (finanziaria ma anche commerciale) era già giunta al capolinea nel 2019 per motivi geo-politici. Nuove forme di regolamentazione sono all’orizzonte. La circolazione delle persone (per turismo e affari) sarà probabilmente assoggettata al rispetto di standard sanitari precauzionali. La circolazione di capitali si scontrerà con limiti agli investimenti esteri e specialmente all’acquisizione di aziende strategiche, tra le quali quelle del settore alimentare. L’auto-sufficienza alimentare in caso di emergenza tornerà ad essere una preoccupazione degli stati nazionali. La circolazione delle merci (degli alimenti nello specifico) potrebbe doversi confrontare con nuovi requisiti fito-sanitari (oltre ai dazi). Infine, la tendenza al “sovranismo alimentare” (oggetto di appelli a consumare irlandese, francese, italiano ecc.) potrebbe sovrastare quella dei consumi etnici (tipicamente appartenente ai consumatori esterofili), riorientando i consumi. È molto probabile che ovunque le filiere di produzione si accorcino.

Veniamo all’azione esercitata dal “degrado ambientale”. Ritengo che da questo driver, che riduce le terre coltivabili e si traduce in contaminazioni del cibo (dai fitofarmaci alle microplastiche), provenga la spinta più forte alla domanda (e quindi all’offerta) di alimenti sani/sicuri/naturali o che ispirano fiducia al consumatore: biologici, agriqualità, DOP/IGP, filiera corta, Km 0. Come influirà Covid-19? Il fatto è che lo stesso Covid-19 è figlio del degrado ambientale e dell’aumento della popolazione umana (distruzione degli habitat naturali; contatto di umani con animali selvatici). E ne rafforzerà gli effetti sulle preferenze per i cibi sicuri, anche in termine di origine/provenienza.

Soffermiamoci infine sugli effetti della “rivoluzione digitale”. Il cibo è sempre rimasto ai margini di questa trasformazione. Come si pensava un tempo per gli abiti, si è ritenuto sino a ieri che “non si potesse acquistare un cibo senza toccarlo”. Il cibo in effetti ha continuato ad essere acquistato prevalentemente tramite i canali tradizionali (in Italia le vendite online nel 2018 rappresentavano poco più dell’1% del fatturato di settore[2]). È stato sufficiente tuttavia un breve periodo di quarantena, per capire che gli alimenti crudi o cotti possono facilmente arrivare a domicilio tramite ordini online. Dato che le misure di contenimento e poi quelle di distanziamento sociale resteranno con noi per un tempo lungo (forse anni), è lecito attendersi un consolidamento di queste tendenze. La digitalizzazione dei processi opera anche sul versante della tracciabilità elettronica di ingredienti, lavorazioni e origine del prodotto. Anche in questo caso Covid-19 darà una spinta aggiuntiva.

In conclusione, non considerate quelle sopra “previsioni” ma soltanto “deduzioni” di tendenze di fondo in grado di modellare il futuro del cibo. Lo scopo dell’esercizio, d’altra parte, era quello di mostrare una delle possibili applicazioni della tecnica dei megatrend.

[1] Naisbitt J. (1982).  Megatrends: Ten New Directions Transforming our Lives, Warner Books: New York, trad. Italiana (1984),  Megatrends: le dieci nuove tendenze che trasformeranno la nostra vita, Sperling & Kupfer Editori: Milano. Per un’applicazione dei megatrend all’analisi economica si veda Sachs, J. (2011). The Price of Civilization: Reawakening American Virtue and Prosperity, Random House: New York, trad. Italiana: (2012) Il prezzo della civiltà: La crisi del capitalismo e la nuova strada verso la prosperità, Codice Edizioni: Torino.

[2] Osservatorio eCommerce B2c (2019), L’eCommerce B2c: il motore di crescita e innovazione del Retail!

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