• Il mondo dopo Covid-19 (Parte 1)

da | Mar 31, 2020 | 0 commenti

Il mondo dopo Covid-19 (Parte 1)
Perché è importante immaginare il futuro.

Siamo nel mezzo dell’emergenza Covid-19. È logico che le autorità, le istituzioni e la politica concentrino la propria attenzione sull’oggi: la pandemia da contenere, l’economia da rallentare senza provocare danni irreversibili, la perdita di reddito delle persone da compensare. Tuttavia la durata stessa del “confinamento sociale”, la constatazione dell’uscita lentissima e soltanto parziale e per tappe dallo stato di “congelamento” o “sospensione” della vita com’era prima, spingono tanti – persone e imprese – a interrogarsi sul domani. Le domande che si pongono più frequentemente sono queste: a) quanto tempo passerà prima che tutto torni come prima? B) tornerà tutto come prima? C) cosa cambierà dopo Covid-19? Si tratta di una progressione, di una indagine ancora approssimativa ma che sposta progressivamente l’orizzonte temporale, aggiungendo di volta in volta nuovi elementi di intuizione, quali ad esempio la percezione di trovarsi dinanzi a uno spartiacque, a un bivio nell’evoluzione delle cose o di fronte a quello che in economia e finanza si chiama “cigno nero”, un evento imprevisto in grado di cambiare la storia.

L’immaginazione del futuro è una conquista evolutiva dell’essere umano. Tutti gli homo sapiens usano l’immaginazione per costruire scenari dai tempi dei tempi. Ogni mattina a ben vedere, quando ci svegliamo, immaginiamo uno scenario e non soltanto per l’oggi: “sono in isolamento, ha senso comprare azioni, ma quali?”  “Non sopporto più il mio partner, dovrei forse divorziare?” Immaginare scenari futuri è la base di un ragionamento per decidere azioni, foriere di conseguenze.

D’altra parte immaginare non significa indovinare. La chiaroveggenza non esiste. Su questo siamo tutti d’accordo. Eppure all’elaborazione di scenari futuri sono costantemente al lavoro macchine e algoritmi così come uomini che utilizzano vecchie e nuove tecniche di previsione sociale[1], come il metodo Delphi teso a far emergere uno scenario condiviso da un gruppo di esperti (un esperimento di intelligenza collettiva).

Questi uomini in particolare, che dedicano una parte considerevole del loro tempo a “immaginare il futuro”, sono spesso consultati (come lo furono nell’antichità gli oracoli) nella speranza che possano fornirci risposte più strutturate e visioni più penetranti del futuro. Alcuni sono storici dotati di visione globale, che si sono occupati delle forze profonde che modellano l’evoluzione umana.

Sul dopo Covid-19, anzi sul fatto che “niente sarà più come prima”, si sono recentemente pronunciati il futurologo tedesco Matthias Horx[2] e Yuval Noah Harari[3], lo storico israeliano autore di Sapiens e di altri best seller sull’evoluzione umana (non soltanto quella passata). Mettiamo a confronto le loro visioni.

Per Horx siamo nel mezzo di una crisi profonda che darà luogo a un cambiamento di rotta, quello che i futurologi chiamano “biforcazione”. Per renderci conto della portata del cambiamento, Horx ci invita a fare un esercizio di “re-gnosi”: immaginarci in un futuro prossimo (un giorno di settembre 2020) e guardare indietro al tempo attuale. Utilizzando questo espediente Horx immagina che ci sarà un Rinascimento tecnologico fatto di connessioni virtuali, che riscopriremo valori sopiti (la cortesia, il senso di appartenenza, la solidarietà, l’auto-ironia), che si stabilirà un nuovo ordine di priorità (la vita e la salute prima del denaro e della proprietà). Dal punto di vista dell’economia, assisteremo a un accorciamento delle filiere produttive, alla realizzazione di depositi e riserve. La globalizzazione ne uscirà riformata e meno condizionante. Dal punto di vista della politica, assisteremo alla messa a nudo del carattere distruttivo dei populismi e a livello internazionale alla sconfitta di Trump nelle elezioni americane di novembre. Il mondo ci presenterà nuove opportunità: rinnovarci per preservare l’ambiente e investire di più nella ricerca scientifica. Horx vede in sintesi tante ombre dell’oggi trasformarsi in luci domani.

Il ragionamento di Harari muove dalle stesse premesse: stiamo attraversando una crisi globale, il virus ci ha trasformato in cavie di un colossale esperimento sociale a base di farmaci e nuove tecnologie della comunicazione. Lo storico israeliano per il futuro vede rischi di autoritarismo nel controllo pubblico dei nostri dati biometrici e nella sorveglianza sanitaria che può ridurre le libertà individuali (anche di pensiero). Sottolinea il pericolo che corriamo ogni qual volta siamo e saremo chiamati a scegliere tra privacy e salute. Il secondo bivio che dovremo superare è dato dalla crescente contrapposizione tra isolazionismo nazionale e globalizzazione. Se sceglieremo la strada dell’autarchia ci saranno conseguenze pesanti per l’economia ma anche per le nostre libertà individuali, come quella di movimento, visto che potrebbero essere drasticamente ridotti i viaggi internazionali. Abbiamo ancora la possibilità di scegliere la via da percorrere, dice Harari, ma nessuno dei due esiti è scontato.

Adesso le nostre meningi sono allenate a pensare in termini di futuro. Nel prossimo post tenterò di spostare l’orizzonte dell’immaginazione in avanti. Lo farò cercando di ragionare per aree di impatto dell’evento Covid-19 e formulando una serie di domande aperte, che possano risultare utili a chiunque si trovi nella condizione di aggiornare l’offerta di prodotti e servizi della propria azienda, di riorganizzare i processi produttivi, di rivedere il portafoglio dei suoi investimenti.

[1] Poli R. e Arnaldi S. (2012), La previsione sociale, Carocci: Roma.

[2] Horx M. (2020), Das ist ein historischer Moment, Kurier, 18 marzo.

[3] Harari Y.N. (2020), The world after coronavirus, Financial Times, 23 marzo.

Share This