• Si chiama Flygskam e fa paura (alle compagnie aeree)

da | Lug 13, 2019 | 0 commenti

Il fattore X in grado di piegare la curva di crescita del traffico aereo in questo secolo

Occupandomi di scenari a lungo termine, qualche tempo fa mi sono imbattuto in uno studio della IATA  (International Air Transport Association) contenente una previsione al 2035 di un miliardo in più di viaggiatori aerei. Si tratta di un aumento del 71% rispetto al 2018 (1.4 miliardi), sicuramente compatibile con le ipotesi più accreditate di crescita della popolazione, del reddito pro-capite, del prezzo della benzina, ecc.. Lo studio avvisava tuttavia che questo scenario di crescita sostenuta avrebbe potuto anche essere influenzato da normative nazionali restrittive dei voli aerei per motivi di riduzione dell’impatto ambientale. Terminata la lettura mi sono chiesto se queste previsioni fossero compatibili con gli impegni previsti dall’accordo di  Parigi (fine 2015), sottoscritto da oltre 195 Paesi per mantenere la crescita della temperatura media del pianeta sotto i 2° rispetto al secolo scorso (1° di aumento è già acquisito). Le indicazioni di IATA relative al contributo del traffico aereo all’inquinamento atmosferico e al global warming erano relativamente tranquillizzanti: emissioni pari al 5% della CO2 totale (oggi). Stanti le previsioni di incremento del traffico aereo, anche a un profano risulta evidente però che il livello futuro di emissioni (a parità di efficienza dei motori) non risulta compatibile con lo sforzo mondiale di contrasto all’effetto serra. Di normative nazionali o internazionali per la riduzione o il contenimento delle emissioni aeree globali non si hanno ancora notizie, purtroppo. Ma a turbare i sonni delle compagnie aeree, e i loro piani di crescita, potrebbe essere il diffondersi epidemico del  Flygskam. Traducibile dallo svedese come “vergogna di volare”, questo movimento ecologista si va diffondendo oltre i confini della Scandinavia, anche grazie a testimonianze di eccezione come quella di Greta Thunberg, che recentemente ha raggiunto in treno da Stoccolma il Forum Economico mondiale di Davos in Svizzera, dopo 32 ore di viaggio.

Il movimento Flygskam potrebbe trarre ulteriore vigore a seguito della scoperta che il traffico aereo provoca un surriscaldamento ben superiore a quello imputabile alle sole emissioni di CO2. In base a una recentissima ricerca di Ulrike Burkhardt dell’Istituto di Fisica Atmosferica tedesco, infatti, l’impatto sull’effetto serra delle scie di vapore congelato lasciate in quota dagli aeroplani potrebbe essere ancora più deleterio. Flygskam non ha quindi ancora dispiegato le ali che IATA è già dovuta correre ai ripari, prendendo atto nell’aprile 2019 che “i mercati dell’aviazione civile nei paesi sviluppati stanno raggiungendo la maturità” ovvero che la curva di crescita del traffico aereo in questa parte del globo si sta appiattendo. Il resto del mondo continua però a sognare di volare.

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